Il tuo dentista ti ha detto che non hai sufficiente osso per inserire l’impianto? Ti hanno parlato di innesti e non sai di che si tratta? Ecco come fare se hai intenzione di mettere gli impianti dentali con poco osso a disposizione.
Tornare a sorridere è il sogno di molti. Ogni paziente ha a disposizione varie soluzioni protesiche per la propria bocca ma indubbiamente desidera il meglio.
Quante volte capita di sentirsi dire “hai poco osso”, tagliando di fatto tutte le possibilità di inserire impianti dentali con poco osso disponibile?
In realtà, oggigiorno, è possibile ricorrere a nuove tecniche chirurgiche tra cui la rigenerativa ossea, recuperando in pochi mesi tutto l’osso perso, e gli impianti corti.
Scopriamo insieme di che si tratta.
Indice:
- Impianti dentali con poco osso: la rigenerativa
- Riassorbimento osseo
- Tipologie di riassorbimento
- Rigenerazione ossea guidata (GBR)
- Le membrane
- Non riassorbili
- Riassorbibili
- Materiali da innesto
- Autologo
- Omologo
- Eterologo
- Di sintesi
- Alternative alla rigenerativa: impianti corti e zigomatici
- Conclusioni
Impianti dentali con poco osso: la rigenerativa
Il termine chirurgia ossea rigenerativa indica un insieme di metodologie chirurgiche finalizzate al ripristino della struttura ossea in termini di altezza e spessore in modo da assicurare i presupposti per un corretto posizionamento degli impianti dentali.
Quando il volume dell’osso alveolare diventa particolarmente ridotto, le sue dimensioni non sono più sufficienti per ospitare le viti implantari, rendendo così necessario un intervento di rigenerativa.
Tra le metodiche più utilizzate spiccano l’uso dei fattori di crescita, la split crest e la rigenerazione ossea guidata (detta GBR), ove quest’ultima procedura gode di maggiore evidenza scientifica.
Riassorbimento osseo
Normalmente, qualsiasi osso dell’organismo subisce un’attività di rimodellamento composta da apposizione e riassorbimento.
In condizioni fisiologiche vi è un equilibrio tra le due fasi, ma quando il prevale il riassorbimento si assiste ad un’atrofia ossea.
In particolar modo, dopo la perdita dei denti, l’osso che prima avvolgeva la radice va incontro ad uno spiccato riassorbimento nei primi 6 mesi per poi proseguire nel tempo in maniera lenta ma pur sempre costante.
I riassorbimenti dell’osso mascellare e della mandibola rappresentano una sfida per l’implantologo, in quanto sarà suo il compito di stabilire se e come inserire gli impianti nell’area colpita.
Tipologie di riassorbimento
Nel 1988 Cawood e Howell eseguirono una classificazione sulle varie tipologie di riassorbimento suddividendo i gradi di atrofia in 6 classi:
- Classe 1: cresta alveolare con il dente in sede;
- Classe 2: alveolo post-estrattivo, ovvero volume osseo presente dopo l’estrazione del dente;
- Classe 3: cresta arrotondata ma di altezza e spessore sufficienti;
- Classe 4: cresta a lama di coltello. Altezza idonea ma spessore inadeguato;
- Classe 5: cresta piatta con altezza e spessore non idonei;
- Classe 6: osso alveolare depresso o assente (solo in mandibola).
Questa suddivisione è estremamente importante e la sua valutazione viene fatta radiograficamente mediante la TC 3D.
Nelle classi I, II e III è possibile inserire impianti senza ricorrere a tecniche chirurgiche di incremento osseo.
Nelle restanti invece, è necessaria una correzione della volumetria
dell’osso.
Rigenerazione ossea guidata (GBR)
La rigenerazione ossea guidata (GBR) prevede l’utilizzo di membrane in associazione o meno a materiali riempitivi detti materiali da innesto.
L’obiettivo di questo trattamento è quello di ricreare un volume osseo idoneo per poter poi inserire impianti in una posizione ottimale per la successiva riabilitazione protesica.
In poche parole si tratta di un intervento che consiste nell’apertura di un lembo a livello della mucosa orale fino a scoprire l’osso atrofico sottostante. Successivamente si procede con l’inserimento di una membrana e di eventuale materiale riempitivo e si chiude.
A distanza di mesi si assisterà alla rigenerazione dell’osso.
Le membrane
Le membrane sono dei sottili fogli semipermeabili che vengono applicati tra tessuti molli e osso. Il loro utilizzo è fondamentale per isolare l’area da rigenerare e favorire la formazione del coagulo, necessario per una corretta rigenerazione ossea guidata.
Al pari dei fili da sutura, possono sia andare incontro a degradazione spontanea (membrane riassorbibili) e sia possono richiedere un secondo intervento chirurgico per la loro rimozione (membrane non riassorbibili).
Per assolvere al loro compito, le membrane devono avere una serie di requisiti:
- biocompatibilità. Per non innescare una risposta immunitaria da parte dell’organismo;
- deve fungere da barriera semipermeabile. Permettendo lo scambio di nutrienti ma impedendo il passaggio delle cellule;
- stabilità;
- maneggevolezza per l’implantologo che la deve posizionare.
Membrane non riassorbibili
Le membrane non riassorbibili sono senza dubbio le maggiormente utilizzate nella rigenerativa ossea guidata.
Come dice la parola stessa, dopo il loro posizionamento non vanno incontro ad un processo di degradazione ma necessitano di un secondo intervento per essere rimosse.
Sono costitute da politetrafluoretilene espanso (e-PTFE) e in alcune varianti vi è la presenza di sottili lamine in titanio che amplificano il mantenimento dello spazio.
Membrane riassorbibili
Questa tipologia di membrane è formata da materiali biodegradabili che permettono di evitare un secondo intervento per la loro rimozione.
Ad esempio, le membrane in collagene solitamente vanno incontro ad un processo di degradazione spontanea nel giro di 4-8 settimane.
Nella rigenerativa ossea guidata, le membrane riassorbibili sono meno utilizzate sia per la loro più frequente tendenza al collasso e sia per la difficoltà nel reperire un materiale che possa andare incontro a riassorbimento nei tempi idonei.
Materiali da innesto
I materiali riempitivi, detti anche materiali da innesto, sono dei presidi utilizzati per ripristinare il volume dell’osso.
Questi sostituti ossei, oltre a dover essere anch’essi biocompatibili, devono comportarsi il più possibile come l’osso proprio del paziente dunque essere riassorbibili ma anche rimodellabili.
Per quanto concerne la classificazione dei materiali riempitivi, questi si suddividono in:
- osso autologo, prelevato dallo stesso paziente;
- osso omologo, tipicamente da cadavere;
- osso eterologo, di origine animale;
- osso sintetico.
Osso autologo
Provenendo dal paziente stesso, l’osso autologo garantisce la completa assenza di reazione immunitaria, risultando perfettamente tollerabile.
Inoltre, trattandosi di osso umano, viene rimodellato nei tempi fisiologici corretti e risulta dunque il miglior sostituto osseo utilizzabile.
Il principale svantaggio dell’osso autologo è rappresentato dalla necessità di eseguire un prelievo da siti intraorali del paziente stesso, quali il corpo e il ramo della mandibola.
Sono stati descritti anche casi con prelievi extraorali, tipicamente dall’anca, ma sono piuttosto rari.
Osso omologo
Il tessuto osseo omologo può essere prelevato da donatore vivente o da cadavere, in quest’ultimo caso entro le 24 ore dal decesso.
Nei donatori viventi l’osso è derivato da interventi a carico dell’anca, del femore, della tibia, dell’omero, delle coste e delle vertebre.
Per impedire l’inevitabile scatenarsi della reazione immunitaria dell’organismo ricevente, l’osso omologo viene trattato.
Tuttavia, diversi studi mostrano una scarsa tendenza al riassorbimento.
Osso eterologo
I sostituti ossei eterologhi attualmente più impiegati sono quelli di origine animale: bovina, equina, suina.
Tra questi materiali, quello di origine bovina si avvale di una lunga esperienza sperimentale e clinica, e può essere utilizzato da solo oppure in associazione con l’osso autologo.
Osso sintetico
Nel tentativo di creare un materiale che inglobasse un po’ tutti i vantaggi ideali, sono stati anche progettati degli innesti di sintesi.
Tuttavia, sono ancora dei sostituti ossei poco conosciuti ed utilizzati.
Quelli maggiormente usati sono i biovetri, ma sono ancora necessari ulteriori studi scientifici.
Alternative alla rigenerativa: impianti corti e impianti zigomatici
Inserire gli impianti dentali con poco osso a disposizione, evitando l’intervento di rigenerativa è possibile? Ebbene sì, scopriamo come.
Numerosi pazienti non se la sentono di affrontare la chirurgia ossea rigenerativa, soprattutto quando si pianifica un prelievo di osso autologo, di conseguenza negli ultimi anni si stanno sempre più diffondendo alternative terapeutiche per inserire gli impianti dentali con poco osso.
Difatti, se l’altezza ossea è insufficiente per gli impianti convenzionali, non è detto che lo sia anche per i cosiddetti “short implants”, ovvero impianti di lunghezza ridotta che stanno riscontrando notevole successo in letteratura.
In più, molti centri implantologici specializzati, si occupano anche del posizionamento di impianti zigomatici.
Questa particolare tipologia di intervento prevede l’inserimento degli impianti dentali nel contesto dell’osso zigomatico, il quale a differenza della cresta alveolare, non va incontro a processi di riassorbimento, e pertanto assicura un’elevata stabilità nel tempo. impianti dentali con poco osso
Conclusioni
Ogni tipologia di materiale da innesto possiede vantaggi e svantaggi ma in quasi tutti i casi di rigenerazione ossea guidata vi è la necessità di attendere svariati mesi prima di inserire la corona artificiale sull’impianto o addirittura prima di inserire la vite nell’osso.
Questo perchè l’osso innestato deve dapprima integrarsi con il tessuto circostante, e soltanto in seguito può essere “caricato” protesicamente.